Quella
foto misteriosa che valeva un libro intero
di Antonio Tabucchi, da Autobiografie altrui, Feltrinelli,
2003.
Era
sicuramente metà settembre. L'anno non lo ricordo con certezza: la fine
degli anni Ottanta, comunque, probabilmente l'ottantanove. Quel pomeriggio di
settembre uscivo da una piccola galleria nei pressi di Rue Jacob, a Parigi, dopo
aver visitato una mostra di fotografie di Robert Doisneau. Doisneau è un
fotografo che i critici severi hanno sempre giudicato con una certa sufficienza.
E' considerato "amabile", se non "pittoresco": ha colto col
suo obiettivo quella Parigi forse stereotipata dove si vedono vecchietti col basco
e la baguette sotto il braccio, monelli irridenti, robuste e burbere portiere
con i pugni sui fianchi, pittori della domenica, innamorati che si baciano lungo
la Senna.
Una
Parigi che assomiglia a quella di Jacques Prévert e di Edith Piaf e dove,
seppure con un tocco di malinconia, la vita è comunque "en rose".
Probabilmente non sono troppo esigente: a me Robert Doisneau è sempre piaciuto.
O meglio, non di rado mi ha dato emozioni, così come ti può toccare
una canzonetta o un'aria di fisarmonica, quella musica, come direbbe Drummond
de Andrade, che in certe giornate è più adatta al nostro umore di
una sinfonia. Ma quel giorno, più che per la mia simpatia per Doisneau,
ero entrato nella piccola galleria perché su un noto settimanale era apparsa
"l'accusa" di un critico autorizzato il quale, scandalizzando la Francia
e tutti gli ammiratori di Doisneau, affermava che molte istantanee del celebre
fotografo, e in particolare quelle degli innamorati felici che si baciano per
strada, non erano affatto spontanee, ma una messinscena.
In
sostanza: Doisneau avrebbe pagato coppie di giovani innamorati affinché
si baciassero "spontaneamente" per il suo obiettivo nei boulevards parigini.
Uscendo dalla galleria la mia riflessione circolava intorno al seguente quesito:
cos'è "naturale" e cos'è "artificiale"? In altri
termini: qual è il confine fra realtà e finzione? Sulla copertina
del catalogo che avevo sotto il braccio c'era proprio l'immagine che il critico-detective
indicava come "truccata", la foto ormai celebre di una coppia di innamorati
che si scambiano un bacio al volo. Sono giovani, carini, entusiasti della vita:
lei ha una gonna plissettata da anni sessanta che l'obiettivo ha fissato in un'immobile
giravolta; lui ha un ciuffo sulla fronte e un impermeabile svolazzante.
Sullo
sfondo ci sono i fiori di un fiorista, palazzi, passanti sui marciapiedi di una
grande città: Parigi. Mi chiedevo: anche ammettendo che il fotografo avesse
assoldato questi due innamorati affinché si baciassero, forse che il loro
bacio non era spontaneo? Quel bacio in più che il ragazzo e la ragazza
si scambiavano a pagamento era forse meno vero di tutti i veri baci che abitualmente
si scambiavano per le vie di Parigi? Così riflettendo percorsi Rue des
Saints-Pères e arrivai alla Senna.
Era
una bella giornata, e le bancarelle dei bouquinistes erano aperte. Mi soffermai
davanti a una che oltre a libri usati vendeva soprattutto vecchie riviste, menù
di ristoranti ormai scomparsi, vecchie stampe, e vidi un'immagine che mi colpì.
Era una fotografia formato cartolina e raffigurava un uomo che abbraccia una donna.
La donna è ritratta di spalle e indossa un vestito nero scollato a v. Ha
in testa una cappello bianco che è contemporaneamente la sua testa e la
testa dell'uomo che l'abbraccia, perché esso nasconde i volti. Lui si afferra
a lei con un abbraccio spasmodico, come un naufrago attaccato a una roccia, si
direbbe. Il corpo della donna non manifesta alcuna visibile emozione, lei fa solo
un piccolo gesto con la mano destra, ma non si capisce bene se è un gesto
di protezione e tenerezza per l'uomo che l'abbraccia, oppure se sta semplicemente
reggendo la falda del cappello che il vento potrebbe far volare via.
Intorno
a quei corpi fusi in un abbraccio, il grigio del cielo (era una foto in bianco
e nero) e un orizzonte vuoto. Quello che mi colpì non fu solo la forza
dell'immagine, cioè un momento di vita rapito da un'istantanea, ma anche
il "mistero" di quell'abbraccio. Di cosa si trattava? Qual era il segreto
di quell'abbraccio così drammatico? La foto costava pochi franchi. La comprai.
Sul retro era indicato il nome del fotografo, o meglio, un cognome senza il nome
dei battesimo (Kuligowski), il luogo dove era stata ripresa l'immagine (Château-Landon),
la data (1978), e il titolo: Couple.
E
poi, accanto al simbolo del copyright, il nome duna piccola casa editrice (o stamperia)
che con tutta probabilità era specializzata in cartoline, calendari e altre
piccole pubblicazioni di questo tipo. Quell'immagine, che misi nella mia agenda,
mi ha accompagnato per molti anni, seguendomi anche in lontani viaggi. E durante
tutti questi anni non ho mancato di porre il quesito che quell'immagine contiene
a chi mi era vicino: mia moglie, i miei figli, amici di vari paesi. Di cosa si
tratta, secondo te? Di un addio? Di un ritorno? E chi è ritornato, o chi
sta partendo, lui o lei? Oppure: e se invece questo disperato abbraccio nascondesse
una sciagura?
Se,
supponiamo, si trattasse di un padre e di una madre (dai corpi si capisce che
sono persone mature) e lui avesse saputo di una disgrazia che li riguarda; sua
moglie è a una festa, ignara, sta bevendo un cocktail in un giardino, chiacchiera
con gli altri invitati, e all'improvviso lui arriva, l'abbraccia, il loro figlio
è morto in un incidente, lui lo sa, ma come si fa a dire a una donna che
sta bevendo un cocktail in un giardino che suo figlio è appena morto? Nel
febbraio del 2001 l'editore Feltrinelli mi chiese se avevo suggerimenti per la
copertina di Si sta facendo sempre più tardi che stava per uscire.
Senza
sapere bene perché pensai che la fotografia che avevo portato con me per
tanto tempo avesse qualcosa a che vedere col libro che avevo scritto. L'editore
riuscì a rintracciare la casa editrice che possedeva i diritti, e l'immagine
poté essere utilizzata per la copertina. Io, invece, in tutti quegli anni,
avevo tentato di reperire notizie sul fotografo, ma senza esito: risultava sconosciuto
anche nelle migliori librerie specializzate.
Forse
si trattava semplicemente di una bella e casuale immagine che era stata scelta
per una cartolina. Il libro uscì in francese l'anno seguente (gennaio 2002)
presso il mio editore di sempre (Christian Bourgois), con la stessa copertina.
A metà gennaio Christian mi propose di fare una seduta di firme in una
libreria vicino alla Sorbona. Era un pomeriggio piovoso e nella libreria c'era
un certo numero di persone che avevano acquistato il libro e che mi aspettavano
affinché lo firmassi. Seduto a un tavolino cominciai ad assolvere il mio
compito, che durò un certo tempo.
Quando
tutti erano partiti si presentò un signore non più giovane, alto,
dall'aspetto elegante. Gli chiesi a chi dovevo dedicare il libro. "Kuligowski"
rispose. "Come il fotografo?, chiesi con una certa sorpresa. "Come il
fotografo", confermò il signore. A quel punto la mia curiosità
ebbe il sopravvento. "Scusi", chiesi, "ma lei è parente
del fotografo?". "Io sono il fotografo", rispose lui con aria imperturbabile.
Mi alzai, ci scambiammo una stretta di mano, chiamai Maria José e Dominique
e Christian Bourgois: "Venite, ho trovato il fotografo, c'è qui il
signor Kuligowski!".
Facemmo
un brindisi, seguirono complimenti, domande d'obbligo: perché non si era
mai fatto vivo, se aveva ricevuto il compenso dovuto, cose così. Tutto
a posto, confermò il signor Kuligowski. E poi disse che gli sarebbe piaciuto
farmi un ritratto, e farlo anche al mio editore: io e Christian che gli lasciamo
telefono e indirizzo, grazie, per noi sarebbe un onore, e il signor Kuligowski
che fa per accomiatarsi con gentilezza, scusatemi, ma ora devo andare, è
stato un vero piacere. Eh no, signor Kuligowski, gli dico accompagnandolo verso
l'uscita, scusi, ma non può andarsene così, la sua fotografia mi
ha sollevato talmente tante ipotesi in questi anni, è davvero misteriosa,
ma di cosa si tratta? quel disperato abbraccio, o almeno a me sembra disperato,
cos'è?
E
il signor Kuligowski, con la sua aria imperturbabile, ormai sulla porta: "Un
remariage, c'était un remariage". Probabilmente legge sul mio viso
la sorpresa e allora precisa: negli anni settanta, lui di professione faceva il
fotografo di matrimoni, battesimi e cerimonie del genere, quei due erano una coppia
che aveva divorziato anni addietro e poi, passato il tempo, avevano deciso di
risposarsi. "Succede, sa?".
da
Autobiografie altrui di Antonio Tabucchi, pubblicato anche su La Repubblica
del 7 maggio 2003.