di
Silvio Berlusconi
da
La Repubblica del 7 agosto 2005
Signor
direttore, nel suo editoriale di mercoledì scorso, dal titolo "Repubblica,
il diavolo e l'acqua santa", Lei non ha mancato di insistere sulla sua convinzione
che il centrodestra italiano rappresenti un'anomalia nelle democrazie occidentali
per quattro ragioni: il conflitto d'interessi, il monopolio televisivo, le leggi
ad personam, la cultura populista.
Permetta
al diavolo almeno di replicare. Non certo sulle sue convinzioni che io rispetto,
nonostante rivelino una sua personale ostilità che non credo di meritare,
quanto sui fatti, o meglio sulla loro manipolazione.
Vengo
ai punti specifici della sua requisitoria.
Conflitto
di interessi. Non starò a ricordare la genesi della legge che lo regola.
Osservo soltanto che si tratta di una legge severa, che affida il controllo ad
autorità indipendenti e che è stata approvata definitivamente, dai
due rami del Parlamento, soltanto grazie alla determinazione dell'attuale maggioranza.
Rispetto a questa
legge non c'è stato atto governativo che sia stato ritenuto illegittimo
e dunque volto a favorire i miei interessi, economici o di qualunque altro genere.
In assenza di atti ufficiali, fossero pure di semplice natura istruttoria, nessuno
è titolato a sostenere la tesi che il governo sia condizionato dal conflitto
d'interesse. Farlo equivale a emettere condanna nei confronti di qualcuno prima
ancora che si istruisca un processo. Un atteggiamento totalmente illiberale, questo
sì, distorsivo dello Stato di diritto.
Monopolio
televisivo. Non mi limito ad osservare che l'attuale assetto del mercato radiotelevisivo
vede, oltre ad una vastissima presenza di emittenti locali, due grandi protagonisti
in competizione aperta tra loro e altri, attualmente con minori ascolti ma con
grandi potenzialità di espansione come Sky del gruppo Murdoch e La7 del
gruppo Telecom.
Né
mi limito a ricordare che il monopolio statale in campo televisivo è stato
rotto proprio dall'affermarsi del gruppo che ho fondato, che ha aperto il mercato
pubblicitario alle imprese di medie e piccole dimensioni con notevolissimi vantaggi
per tutta l'economia ed ha offerto al pubblico maggiore libertà di scelta,
tanto che nel referendum del 1995 la maggioranza degli italiani si pronunciò
a favore della parità di condizioni tra concorrente pubblico e concorrente
privato.
Voglio
invece sottolineare il fatto che, in questi anni di governo Berlusconi, l'azienda
pubblica, la Rai, ha combattuto ad armi pari con Mediaset, ed ha in molti casi
superato in ascolti Mediaset. Non crede che, se fossi stato spinto dai miei interessi
imprenditoriali, avrei agito per ottenere l'esatto contrario?
Basta
poi guardare i telegiornali e i programmi di approfondimento (compresi quelli
di Mediaset) per rendersi conto che non esiste monopolio né controllo sull'informazione
da parte del Presidente del Consiglio.
Io
e il governo che presiedo siamo oggetto di critiche e di polemiche - sia nei telegiornali
della Rai che in quelli delle tv private - più di ogni altro governo che
ci ha preceduto. Questo è indubitabile. Al contrario di quanto è
capitato e capita al sottoscritto, nessuno tra i politici nostri oppositori ha
mai potuto nemmeno lamentare un personale caso di censura o di attacco a proprio
danno.
Leggi
cosiddette ad personam. Su questo punto è stata compiuta in questi anni
una manipolazione che ha dell'incredibile. E che non ha tenuto alcun conto di
un fatto fondamentale. Cioè che il Presidente del Consiglio e altri esponenti
del suo partito, sottoposti a processi penali (infondati e per esclusivi motivi
politici), non hanno ricevuto alcun beneficio da leggi che, invece, hanno agevolato
nei loro diritti di difesa migliaia di cittadini.
Se
si esclude la provvisoria sospensione di poche settimane dei procedimenti nei
miei confronti seguita all'approvazione del cosiddetto "lodo Maccanico",
dal nome dell'esponente del centrosinistra che lo aveva proposto, nessuna legge
che ha innovato aspetti importanti della procedura penale ha procurato "vantaggi"
giudiziari a me o ad esponenti del mio partito.
Quanto
al "lodo", esso è stato cassato dalla Corte Costituzionale non
per il merito, ma perché la Corte ha ritenuto che fosse necessaria una
legge di natura costituzionale piuttosto che una legge ordinaria. Ma Le ricordo
che tutte le forze politiche consideravano, e credo tuttora considerino, assolutamente
necessaria una norma che protegga le più alte cariche istituzionali dall'azione
penale durante lo svolgimento del loro mandato. Una norma che esiste in quasi
tutti i Paesi europei. Dunque si tratterebbe non di una legge ad personam, ma
di una legge a tutela delle istituzioni. Tutela necessaria visto il debordante
protagonismo di alcuni procuratori della Repubblica che anche in questi giorni
stanno occupando la ribalta.
Cultura
populista. Qui entriamo nel campo dei puri giudizi politici. Ma anche in questo
caso l'accusa mi appare frutto di un atteggiamento di snobismo intellettuale che
considero un vizio di certa aristocrazia culturale del nostro Paese. Si è
mai chiesto la ragione dell'anomalia tutta italiana nella diffusione dei quotidiani,
che sono acquistati da meno di 6 milioni di italiani al giorno? Forse il nostro
è un popolo di analfabeti o di indifferenti? O non è forse vero
il fatto che l'intellighenzia nazionale è distante anni luce dai problemi
che interessano realmente i cittadini?
Non
mi stupisce allora che anche Lei consideri populista chi sa parlare ai cittadini
con un linguaggio semplice, comprensibile a tutti, e non si rifugia nel gergo
elitario, il cui scopo è escludere dalla conoscenza dei fatti e dalla comprensione
dei problemi la grande maggioranza degli elettori. Quello che Lei chiama populismo,
con qualche, mi consenta, punta di sussiego, io lo considero l'essenza della democrazia.
Perché chi governa e chi si occupa della cosa pubblica ha il dovere di
far comprendere a tutti il suo pensiero.
Comportarsi
diversamente potrebbe far venir meno il suo giudizio tranciante, ma esprimerebbe
certamente un'idea della politica e della cittadinanza che risale a prima della
conquista del suffragio universale.
Un
ultimo punto, e mi scuso per la lunghezza della mia missiva, riguarda la lettera
apparsa ieri, su queste stesse colonne, a firma dell'ing. De Benedetti. Prendo
nota, con rammarico, del fatto che l'ingegnere, pur essendo persona certo navigata
da anni nel duro mondo degli affari, non ha saputo resistere al massacro mediatico,
e tutto politico, che investe immediatamente chiunque osi entrare in rapporto
con Silvio Berlusconi. Lo capisco, perché io questo massacro ingiusto lo
soffro sulla mia pelle quotidianamente da quando ho osato togliere il potere ad
una sinistra che si era illusa di avere già vinto.
Non
vorrei, Signor direttore, che questa stessa sinistra e che molte persone che la
pensano come Lei si illudessero ancora una volta.
(7
agosto 2005)
Silvio
Berlusconi
Il direttore
Ezio Mauro risponderà domani al presidente del Consiglio.
