di
Federico Rampini
da
La Repubblica del 25 settembre 2003
"Il
controvero umorismo del primo ministro italiano ieri ha colpito ancora, quando
ha vantato le seducenti segretarie italiane per attirare i potenziali investitori
americani". Così sugli schermi dei computer di tutto il mondo s'apriva
ieri il notiziario dell'agenzia d'informazione finanziaria Reuters, strumento
di lavoro quotidiano degli investitori: neppure l'asettica Reuters riusciva a
trattenere lo sconcerto di fronte alla prestazione di Berlusconi a Wall Street.
L'Italia
è davvero "il paese più americano d'Europa", come ha sostenuto
il presidente di turno dell'Unione europea sfoggiando l'ossequio del vassallo?
Di certo l'Italia ha un premier che in America non è mai vissuto e dell'America
visibilmente non sa nulla, neanche come vi si sta a tavola. Cominciando con la
battuta sessista, sgradita a tutte le orecchie americane e in particolare a quelle
delle imprenditrici e investitrici sempre più numerose, Berlusconi è
riuscito in pochi minuti a violare il galateo, a infrangere le regole, a offendere
i valori in cui crede questo paese (anche quando è governato dalla destra).
È
stato un exploit. Era difficile dirne così tante così grosse in
così poco tempo. Ha esordito - "credo che sia un buon argomento"
- affermando che l'Italia è un paese straordinario per fare investimenti
visto che il presidente del Consiglio ci ha investito tutti i suoi soldi. E' riuscito
così a ricordare subito ai suoi interlocutori quell'immenso conflitto d'interessi
irrisolto che tradotto in America appare inverosimile: l'uomo più ricco
del paese, che possiede metà delle televisioni e controlla l'altra metà,
alla testa del potere esecutivo. Bill Gates più Rupert Murdoch più
Ted Turner più la General Electric più Walt Disney più George
Bush, in una persona sola. Lo ha detto a New York, dove hanno messo in croce per
mesi Bloomberg perché trovasse una soluzione rigorosa al suo conflitto
d'interessi: un signore che con la sua agenzia di stampa non arriva all'1% del
mercato dell'informazione, e dopotutto fa solo il sindaco.
Ha
ribadito il suo disprezzo per i giudici del suo paese, "comunisti",
pericolosi per "la libertà e la democrazia". Lo ha fatto sulla
piazza finanziaria dove in questo momento imperversa un giudice - il procuratore
generale di New York Eliot Spitzer - che sta conducendo un'operazione Mani Pulite
contro i vertici delle più grandi banche americane coinvolti negli scandali
finanziari. Nella sua crociata moralizzatrice, in difesa dello Stato di diritto,
delle regole del mercato, degli interessi degli investitori, il procuratore Spitzer
gode dell'appoggio totale dei funzionari del Dipartimento di Giustizia federale,
cioè dell'Amministrazione Bush. Nessun capitalista americano ha osato criticare
la sua azione, né sottrarsi al suo giudizio.
Molte
condanne sono già state applicate, dopo indagini e processi durati meno
di due anni. Questo è un paese dove la sacralità della magistratura
è tale che un candidato con la maggioranza dei voti, Al Gore, ha rinunciato
alla Casa Bianca pur di non mettere in discussione l'autorità della Corte
Suprema. Dove un presidente ha subito l'impeachment per aver "rifiutato prove
e informazioni agli inquirenti e interferito con l'azione della giustizia"
(Atto d'impeachment di Richard Nixon, votato dalla Camera dei Rappresentanti il
20 agosto 1974).
Berlusconi
è venuto nella sofisticata New York a descrivere un'Italia liberata dai
comunisti. Quel linguaggio sarebbe stato forse comprensibile da parte del neopresidente
afgano Karzai o dello pseudopresidente iracheno Chalabi se fossero venuti a parlarci
d'una Kabul liberata dai Taliban e d'una Bagdad liberata da Saddam. Ma neanche
questo paragone regge, dopo aver sentito l'altroieri il discorso di Karzai alle
Nazioni Unite: è stato sobrio e dignitoso. Berlusconi ha parlato a investitori
americani che si muovono a loro agio nell'economia globale ed anche nel grande
mercato unico europeo; industriali e banchieri che conoscono bene opportunità
e difetti dell'economia italiana, e investono da noi assai meno che in Inghilterra,
Francia e Germania, nonostante oltre due anni di governo di destra. Le ragioni
sono molteplici e tutte hanno a che vedere con logiche di mercato: le uniche che
Wall Street trova seducenti. La pressione fiscale e la flessibilità del
lavoro possono contribuire senza dubbio a rendere un paese più attraente,
ma non spiegano la netta preferenza delle multinazionali Usa per paesi ad alta
imposizione e rigidità del lavoro come la Francia e la Germania. Si vede
che loro hanno qualcosa che noi non abbiamo. Più che alle gambe delle segretarie
Berlusconi dovrebbe guardare in altra direzione: la qualità delle infrastrutture
di trasporto e comunicazione, le università, gli investimenti in ricerca.
"Americani,
venite a morire in Italia: il mio governo ha abolito le imposte sulle successioni".
Può darsi che Berlusconi gli abbia dato voglia di venire da noi a morir
dal ridere. Da domani: occhio alle statistiche sui nuovi investimenti esteri.
Federico
Rampini