di
Ezio Mauro
da
La Repubblica del 19 giugno 2003
A
pochi minuti dalla requisitoria della pubblica accusa in un processo che lo vede
imputato per il reato gravissimo di corruzione della magistratura, e alla vigilia
dunque di una sentenza del Tribunale, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
s'è costruito con le sue stesse mani un salvacondotto politico che con
una legge ad hoc lo sottrae al suo giudice mandando a vuoto il processo, almeno
per la parte che lo riguarda.
Da
oggi il cittadino Berlusconi non è più processabile, i reati che
secondo la Procura di Milano ha compiuto ben prima d'entrare in politica non sono
più accertabili da un tribunale, l'inchiesta condotta su di lui per il
caso Sme si deve fermare davanti al suo nome, a pochi passi dalla conclusione
finale. Quel cittadino, dunque, è da oggi più uguale degli altri.
E la legge, nello stesso tempo, non è più uguale per tutti.
Ciò
che è avvenuto viene chiamato da alcuni "tregua". A noi pare
si tratti di ben altro. C'è un imputato per reati comuni, anche se molto
gravi, che ha la possibilità d'usare lo strumento eccezionale e normalmente
indisponibile della politica per crearsi uno scudo personale, capace di liberarlo
in extremis dalla pronuncia pendente del Tribunale che lo sta giudicando. Questo
è possibile solo perché quell'imputato è anche presidente
del Consiglio, capo della maggioranza parlamentare, e dunque in grado di controllare
direttamente il processo legislativo.
Il
risultato è qualcosa che non si è mai visto in democrazia. Non la
norma: ma il meccanismo di fuga. Per costruirlo occorre infatti sfruttare e appalesare
in modo drammatico il conflitto d'interessi in atto, fino al punto da costringere
il presidente del Consiglio a rendersi strumento di un basso servizio a un imputato,
costruendogli una legge su misura pur di impedire una sentenza. Il principio d'uguaglianza
è violato due volte.
L'imputato
Berlusconi è infatti più forte della legge e di ogni altro imputato,
e lo ha dimostrato con le sue stesse mani, rendendosi ingiudicabile. Nello stesso
tempo nessun altro cittadino, in circostanze simili, potrebbe ridurre la politica
e il corpo legislativo a mezzo strumentale per la sua difesa, costringendoli a
costruirgli su due piedi un meccanismo per sfuggire immediatamente e indefinitamente
alla giustizia. Ecco perché siamo davanti a un abuso, o a un sopruso.
Nell'interesse
cogente, disperato, d'una sola persona chiamata a rendere conto di un'ipotesi
di reato da un Tribunale della Repubblica. Non c'entrano nulla le garanzie per
le cinque massime autorità dello Stato, non c'entra nulla la sacrosanta
autonomia della politica. Siamo pronti a sottoscrivere fin d'ora un sistema di
garanzie concepito e varato nell'interesse generale. Non possiamo accettare una
norma di fuga varata per interesse privato da un premier al servizio di se stesso
imputato. Solo un Paese senza più establishment, senza regole e senza coscienza
di sé può far finta di niente e accettare l'abuso chiamandolo tregua.
Ezio
Mauro